BIM 5D: la redazione BIM-based del CME via IFC

BIM 5D e utilizzo dei modelli per la redazione del Computo Metrico Estimativo, uno dei BIM Use forse più scontati: modellando creo oggetti definiti nelle loro caratteristiche qualitative e quantitative, queste informazioni possono essere usate direttamente per determinare le quantità delle lavorazioni da eseguire e per definire, all’interno di un ambiente di computazione, il costo di ciascuna lavorazione. È possibile così efficientare le modalità operative con cui tradizionalmente si perviene alla stima del costo di costruzione dell’opera.
La teoria è chiara e come sempre, quando si parla di BIM, viene da dirsi “finalmente, era ora!”. In pratica, però, si tratta di far dialogare competenze che sono da sempre abbastanza separate, le competenze di chi è responsabile del progetto e della sua rappresentazione e quelle di chi ha in capo la sua quantificazione economica. E laddove sono chiamate in gioco competenze diverse, spesso si parla anche di strumenti diversi.
Il progetto di ricerca che abbiamo appena concluso, e che questo articolo intende presentare, è stato finalizzato a sperimentare questo scenario, a comprendere quali potessero essere gli accorgimenti fondamentali per permettere una redazione BIM-based del CME.
Per farlo, abbiamo utilizzato come caso studio un progetto per nuove residenze di lusso a Milano, una commessa nella quale Contec Ingegneria è incaricata di occuparsi del Project Management per le fasi di progettazione e realizzazione. Nella fattispecie considerata, alla struttura di Project Management è stato chiesto di occuparsi anche della redazione del CME per la disciplina architettonica[1]; proprio su questa si è concentrata la nostra sperimentazione.
Naturalmente, alle finalità di natura metodologica, si sono sovrapposte quelle di stampo prettamente strumentale, orientate ad approfondire le funzionalità del software di BIM authoring (Autodesk Revit), ma soprattutto del software utilizzato per la computazione (STR Vision CPM).

Workflow – La sperimentazione si è sviluppata secondo le macro-fasi di seguito elencate:
1. Analisi dei modelli informativi ricevuti;
2. Revisione dei modelli informativi ricevuti, nell’ottica di renderli idonei per l’obiettivo fissato
3. Estrazione del contenuto informativo in formato IFC e verifica del modello ottenuto
4. Importazione del modello IFC nell’ambiente di computazione e preventivazione

Il progetto di ricerca è stato condotto operativamente da Dennis Galeazzi, studente del master di II livello “BIM Metodi, Modelli e Applicazioni” organizzato dal Dipartimento ABC (Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente costruito) del Politecnico di Milano.

Premessa
In via preliminare all’avvio delle attività operative, si è ragionato sul miglior sistema di organizzazione delle informazioni di progetto da utilizzarsi anche per la redazione del CME. Nell’ottica di pervenire ad una soluzione che potesse essere implementata nei progetti a venire, si sono approfonditi standard nazionali ed internazionali quali la norma UNI 8290-3 ed i sistemi di classificazione Uniformat, Omniclass ed Uniclass2015, oltre alle pubblicazioni sul tema del prof. Utica del Politecnico di Milano.
Quanto emerso ha sottolineato nuovamente come una classificazione esaustiva delle informazioni di progetto non possa prescindere da una WBS multidimensionale, che guardi cioè alle informazioni da governare da diverse prospettive, come infatti si propongono di fare sistemi di classificazione a faccette come Omniclass o Uniclass2015. Possiamo immaginare di scomporre un progetto secondo uno schema primario che gerarchizzi gli elementi di progetto dal punto di vista funzionale (es. Omniclass Table 21), ma obiettivi puntuali potrebbero richiedere di classificare le informazioni secondo criteri diversi. In questo senso il caso della stima del costo di costruzione è sintomatico: per ricondurre gli elementi ad un dato di costo, ovvero ad un prezziario, è necessario passare da una classificazione per funzione ad una classificazione che qualifichi la specifica soluzione progettuale e, quindi, il materiale (es. Omniclass Table 41). Vedremo più avanti come ragionare in termini di standardizzazione delle informazioni potrebbe dare dei benefici in ottica di efficientamento delle operazioni di preventivazione.
(Fra parentesi, alla fine si è scelto di strutturare il CME conformandosi allo schema scelto per la commessa parallelamente in corso, che ha optato per un sistema di classificazione di tipo merceologico derivato dal prezziario di riferimento).

1. Analisi dei modelli informativi ricevuti
La sperimentazione è stata condotta a partire da modelli prodotti dai Progettisti architettonici. I modelli ricevuti sono stati analizzati dal punto di vista di:
1. Correttezza. Ci si è concentrati prevalentemente sull’aspetto geometrico della modellazione, per garantire che le quantità estratte dal modello fossero conformi alle quantità reali: i muri si giuntano correttamente? è opportunamente gestita la sovrapposizione degli strati? muri e solai sono si intersecano correttamente? come è gestito il rapporto fra elementi strutturali ed architettonici? come sono stati modellati i serramenti?
2. Completezza. Qui ci si è invece focalizzati sull’aspetto informativo: le informazioni che qualificano gli oggetti modellati, sono sufficienti ad attribuire un prezzo per le lavorazioni necessarie? i materiali sono opportunamente codificati e caratterizzati dal punto di vista prestazionale?
3. Coerenza. Si è valutata la corrispondenza fra il contenuto dei modelli informativi e quello degli altri elaborati prodotti.

Nell’ambito dell’analisi dei modelli ricevuti sono stati approfonditi alcuni aspetti relativi alle modalità di modellazione e alla qualità delle informazioni restituite dal software. Se infatti è vero che ogni oggetto modellato – per il semplice fatto di esserlo – porta automaticamente con sé delle informazioni sulla sua consistenza dimensionale, colui a cui è demandata l’attività di computazione non può esimersi dal verificare cosa rappresentano quelle informazioni quantitative e se sono coerenti con le necessità della preventivazione.
Chiarisco il concetto facendo un focus sull’elemento muro. Modellando un muro isolato rettilineo con Revit noteremo che il valore del parametro Area è dato dal prodotto fra quelli di Lunghezza e Altezza. Diversamente, modellando un muro ad “L” ed interrogando uno dei due bracci constateremo due cose:
1. il valore del parametro Lunghezza è calcolato sulla base dell’intersezione della linea d’asse del muro selezionato con quella del muro che interseca;
2. il valore del parametro Area non coincide con il prodotto fra quelli di Lunghezza e Altezza; ciò è dovuto al fatto che per il calcolo dell’area Revit usa un valore di lunghezza diverso da quello con cui è compilato il parametro Lunghezza. Tale valore è determinato sulla base delle modalità di giunzione dei muri.

Capire quali approssimazioni applica il software di BIM authoring è fondamentale per garantire la consapevolezza necessaria circa la natura (e quindi l’affidabilità) dei dati quantitativi in uscita dalla modellazione.

2. Revisione dei modelli informativi ricevuti
In questa fase si è intervenuti sui modelli ricevuti con l’obiettivo di risolvere i difetti di correttezza, completezza e congruenza precedentemente rilevati. Evidentemente, la nostra volontà non è stata quella di assolvere alle responsabilità di commessa (non avremmo in quel caso agito su informazioni delle quali non eravamo gli autori), ma di simulare una situazione ideale per definire una best practice e valutare al meglio le potenzialità dell’approccio adottato.
Questo esercizio ha permesso di approfondire tecniche di modellazione prima non considerate o magari non comprese nella loro utilità.
L’esempio più significativo è ancora quello dell’elemento muro e della possibilità di trattarlo contemporaneamente nella sua globalità funzionale o nel suo dettaglio funzionale-materiale. Ciò si concretizza scomposizione del muro negli strati che lo compongono, attraverso il comando “Gestisci Stratigrafia”; a livello di modellazione i singoli strati si comportano come solidi discreti, corredati dalle rispettive proprietà dimensionali, garantendo massima precisione nella quantificazione dei materiali.
Gli strati mantengono tuttavia il riferimento al tipo di muro originale (definito al parametro “Tipo originale”), rendendo reversibile la scomposizione: cancellando uno degli strati, ad esempio, sarà possibile ritornare allo stadio ante-scomposizione. (Si sottolinea che, per rendere visibili e modificabili gli strati, il parametro di vista “Visibilità stratigrafia” dovrà essere settato su: “Mostra stratigrafia” o “Mostra entrambi”)
Accanto a queste considerazioni legate ad una modellazione orientata all’obiettivo si è ragionato sulla qualità delle informazioni necessarie ad identificare compiutamente gli oggetti. Mi rendo conto che possa sembrare un’ovvietà, ma per utilizzare pienamente un modello a scopo di computazione, non basta dire che quello strato della parete funge da isolamento termico e che il materiale è la lana di roccia, bisognerà qualificare prestazionalmente il materiale affinché possa essere messo in relazione univocamente con una delle voci del prezzario.
Quindi, ancora una volta: BIM come volano per la progettazione prestazionale. E quali prestazioni vanno definite? Ancora una volta: serve standardizzare. Lo so, facile a dirsi… Eppure, avere accesso a questo tipo di informazioni è stata una delle principali complessità incontrate nella redazione del CME.

3. Estrazione del contenuto informativo in formato IFC
Nello specifico caso del software di computazione scelto per questa sperimentazione, gli accorgimenti adottati nella precedente fase di ri-modellazione si sarebbero rivelati del tutto inutili se non si fosse potuto trasferire coerentemente quelle informazioni attraverso IFC.
Partendo dal morale della favola: esportare in formato IFC non è premere un tasto. Neanche da Revit. Revit, come altri software di BIM authoring, offre delle possibilità per personalizzare la struttura ed il contenuto del file IFC in output, anche in ottica 5D.
Ad esempio, per garantire l’esportazione degli strati di una parete (o di un pavimento) come parti (IfcBuildingElementParts) di un muro (IfcWall) è necessario settare così i parametri di vista e dell’IfcExporter:

Attenzione: nel caso l’esportazione venisse condotta a partire da una vista 3D del modello,
per fare in modo che anche i Locali vengono esportati come IfcSpace
è necessario spuntare anche la casella
“Export rooms in 3D view”.

Il risultato, in un visualizzatore quale Solibri Model Viewer, è il seguente:

Attenzione va posta anche nella gestione dei property set. La nostra idea è che un IFC contenente le sole informazioni utili (e possibilmente allineate ai property set definiti dallo standard), sia migliore di un IFC contenente tutte le informazioni: non ci sono ridondanze, il file è più pulito, leggero, e non si rischia di attingere dall’attributo sbagliato.
In questo senso è buona norma optare, nella schermata “Property Sets” dell’IFC Exporter, per gli IFC Common property sets e le Base Quantities[2], ovvero quei property set che lo standard IFC prevede per veicolare gli attributi quantitativi di ogni classe di oggetti. È sempre consigliabile fare una verifica di completezza e congruità fra gli attributi quantitativi inclusi fra le Base Quantities e quelli definiti all’interno dell’ambiente di model authoring; nel caso del muro, ad esempio, il dato sulla lunghezza differiva nei due casi, dando manifestando le considerazioni proposte precedentemente al capitolo precedente.

Tutte le altre informazioni, non esportate attraverso questi property set, potranno essere veicolate attraverso property set creati ad hoc dall’utente, utilizzando indifferentemente file di testo .txt o gli abachi di Revit.

Tralasciando altre buone pratiche nella gestione dell’esportazione in formato IFC da Revit, tipo la gestione dei livelli o la presenza dell’IFC GUID, si segnala l’opzione “Space boundaries” (scheda “General”) per la codifica IFC degli spazi (IfcSpace).

Nella fattispecie, impostando l’opzione su “1st level” (di default è “None”) si ottiene:
una compilazione del property set Space Boundary Areas che, oltre all’area perimetrale netta del locale (calcolata analogamente nei due casi), specifica l’area di porte, finestre, ecc. presenti nel locale. Tali dati di dettaglio possono essere d’aiuto al computista in fase di preventivazione.
una compilazione property set Space Boundaries attraverso la quale vengono correttamente elencati gli elementi di delimitazione del locale.

4. Importazione del modello IFC nell’ambiente di computazione e preventivazione
In questa fase si è concretizzata l’attività di sperimentazione del software Vision CPM di STR – Gruppo TeamSystem per la redazione del CME. L’utilizzo di simili software in chiave BIM permette di accoppiare da un lato le funzionalità specifiche di uno strumento pensato per la computazione, dall’altro garantisce la coerenza del CME con gli elaborati progettuali, desumendo i dati quantitativi direttamente dai parametri dei modelli informativi.
Dal punto di vista dell’interfaccia, alla tradizionale schermata di Vision CPM l’attivazione dei moduli BIM affianca il cosiddetto BIM viewer, dal quale l’utente può – in sintesi – visualizzare i modelli, interrogarne i parametri e filtrarne il contenuto informativo.
Nella presentazione delle attività svolte in questa fase, per questioni di brevità, ci si concentrerà solo su alcuni degli aspetti trattati e ritenuti particolarmente significativi o critici.

4.1 Modalità di preventivazione
Il software prevede due modalità di preventivazione, entrambe BIM-compliant:
il Drag & Drop: è il metodo più tradizionale e prevede che l’operatore, per ciascuna rilevazione, crei la relativa riga del preventivo associata al rispettivo articolo del prezziario, quindi, a partire dal BIM viewer, trascini e rilasci il dato quantitativo da utilizzarsi per la preventivazione nell’apposito spazio del pannello Misure.
le Regole di calcolo: è un metodo di “recente” introduzione ed è quello che in larga parte è stato utilizzato in questa sperimentazione. A partire da un filtro applicato sugli oggetti e sulle informazioni contenute nel modello, è possibile generare una regola di calcolo che agisce sui dati filtrati secondo le specifiche definite dall’utente: dev’essere definita una descrizione, l’articolo da applicare, un eventuale codice di WBS e naturalmente compilare il pannello relativo all’elaborazione dei dati quantitativi. Una volta applicata la regola di calcolo crea una riga di preventivo che scaturisce dall’elaborazione dei dati quantitativi degli oggetti inclusi nel filtro. Risulta evidente la stretta relazione fra Regola e Filtro, ragion per cui per un utilizzo efficace delle Regole di calcolo è necessario che il contenuto informativo dei modelli sia strutturato in maniera tale da poter applicare efficacemente dei filtri funzionali alla preventivazione. Il vantaggio fondamentale nell’utilizzo delle regole di calcolo consiste nella possibilità di elaborare contemporaneamente i dati quantitativi di una pluralità di oggetti, tutti quelli ricadenti nel filtro definito.

4.2 Aggiornamento modelli vs aggiornamento preventivo
Spesso (sempre?) può capitare di dover registrare una variazione del progetto – quindi del/i modello/i – quando il lavoro del computista è già iniziato. A questo punto si rende necessario l’aggiornamento del modello IFC di riferimento importato e la conseguente revisione delle voci già inserite. È qui l’utilizzo delle regole di calcolo o del Drag & drop diventa una questione di efficacia, non solo di efficienza.
Con il Drag & drop il software segnala variazioni di tipo quantitativo (purchè l’oggetto interessato dalla variazione abbia mantenuto lo stesso ID) e cancellazioni di oggetti avvenute fra il modello originale e il modello aggiornato. Si evidenzia, tuttavia, come le voci non interessate da cambiamenti e che sono state create con riferimento al modello originale, rimangano riferite al modello originale; le voci aggiornate o create ex novo con riferimento al modello aggiornato, siano relazionate al modello aggiornato. Ciò comporta la necessità di portarsi appresso, nel corso dell’attività di preventivazione, un numero potenzialmente elevato di modelli, senza avere una consapevolezza immediata di quale sia il modello di riferimento di una data riga del CME.
Con l’utilizzo delle regole di calcolo questo genere di problema non sussiste. Le regole definite e applicate sul modello originale, infatti, vengono ri-applicate sul modello aggiornato, rigenerando il computo sulla base di quali oggetti ora rientrano nei filtri delle regole. Anche in questo caso comunque il software offre un report che dettaglia le variazioni riscontrate nell’applicazione delle regole al modello originale e al modello aggiornato.

4.3 Computati VS non computati e altre utilità
La stretta relazione fra le voci del computo ed i parametri quantitativi degli oggetti digitali permette di risalire in ogni momento agli oggetti che hanno contribuito a produrre determinate rilevazioni e, viceversa, alle rilevazioni generate attraverso i dati di determinati oggetti.
Questa funzionalità costituisce un utile strumento di controllo per il computista, utile, in particolare, a comprendere visivamente quali oggetti figurano fra i “non computati”.

Naturalmente, se si è utilizzato lo strumento del Drag & Drop ed una rilevazione è riferita ad un oggetto che non appartiene al modello corrente (appartiene quindi ad un modello che non è visualizzato nel BIM viewer), non sarà possibile avere un riscontro visivo dell’oggetto in questione: il software segnalerà semplicemente che il modello di riferimento non è visualizzato nel viewer.
La nostra esperienza ci ha mostrato che, nel caso di un numero elevato di rilevazioni selezionate, potrebbero esserci problemi di elaborazione dei dati che non consentono di ottenere il risultato atteso. In tal caso, è consigliabile procedere per gruppi ristretti di rilevazioni.

4.4 Estensibilità delle regole di calcolo
Una delle potenzialità delle regole di calcolo consiste nella possibilità di riutilizzarle in un numero indefinito di progetti. Un’organizzazione potrebbe infatti creare al proprio interno una libreria di regole, un catalogo, da applicare in maniera estensiva agli n progetti dei quali si occupa[3].
Questa possibilità, che avrà immediatamente solleticato la curiosità di BIM Manager e Coordinator, merita però almeno un paio di considerazioni:
non servirebbe ripeterlo, ma la regola si basa sul filtro: se si intende sfruttare questo tipo di ottimizzazione dei processi si dovrà pertanto aggiornare lo standard interno di modellazione per garantire uniformità nella compilazione di quei parametri attenzionati dal filtro. Potrebbe essere richiesto, ad esempio, di standardizzare la codifica dei materiali; o di definire dei parametri aggiuntivi da compilare ogni qual volta la redazione del CME rientrerà fra i BIM Use.
all’interno della regola rientra anche la definizione della voce di riferimento del prezzario. Ne deriva che, ogni qual volta si intenda usare la stessa regola, ma sia mutato il prezzario di riferimento, la regola stessa dovrà essere aggiornata.

Conclusioni
Primo, questa sperimentazione ha dato ulteriore evidenza di come la stima del costo di costruzione richieda competenze specifiche e di come l’utilizzo di strumenti dedicati possa fornire un supporto determinate all’operatore. Secondo, è risultato evidente come accoppiare questi strumenti ad un modello informativo dell’opera possa determinare un decisivo efficientamento delle operazioni di computazione.
Dal punto di vista dello strumento utilizzato, Vision CPM ci è sembrato uno strumento evoluto, pronto per una computazione BIM-based e ricco di funzionalità interessanti, probabilmente molte delle quali ancora da individuare complice un’interfaccia non proprio intuitiva. Inoltre, si sottolinea come, almeno per la nostra esperienza, la comunicazione su base IFC con il software di BIM authoring non abbia creato impedimenti, segno che ragionare su formati aperti possa talvolta rappresentare la scelta migliore.
Insomma, né il software di computazione, né IFC, né tantomeno il software di BIM authoring sembranno rappresentare degli ostacoli reali per una “traduzione BIM” del CME. La precisa definizione e la standardizzazione delle informazioni sono gli aspetti su cui insistere per massimizzare l’efficientamento che gli strumenti ci consentono di ottenere.

Riferimenti
– Omniclasshttp://www.omniclass.org/
– Uniclass2015 https://toolkit.thenbs.com/articles/classification
– IFC4 Add 2 – http://www.buildingsmart-tech.org/specifications/ifc-releases/ifc4-add2
– Autodesk, Revit IFC Manualhttp://blogs.autodesk.com/dalbiminpoi/2018/08/02/revit-ifc-manual-detailed-instructions-for-handling-ifc-files/
– Breve video tutorial di Vision CPM – https://www.youtube.com/watch?v=Crxh9z6xTaY
– Media catalogo STR con documentazione tecnica, corsi, guide, ecc. – https://www.str.it/media

Note
[1] Inclusa nell’incarico svolto è stata anche la redazione di un BIM Method Statement (BMS) che declinasse le modalità di implementazione della metodologia BIM in fase progettuale.
[2] http://www.buildingsmart-tech.org/ifc/IFC4/Add2/html/ – B. Alphabetical Listings/B.1 Definitions/B.1.8 Quantity sets.
[3] In questo senso risulta particolarmente interessante la funzionalità del “Preventivo Parametrico” che consente di procedere ad una rapida stima del costo di costruzione dell’opera in fase iniziale, applicando in blocco ad un modello importato le regole salvate nel catalogo.