26 Mar Software & IFC, che cosa significa “certificato”?
IFC – Industry Foundation Classes, croce e delizia di chiunque operi con strumenti che convenzionalmente definiamo BIM.
Molti lo usano, molti lo criticano, ma forse in pochi lo hanno davvero approfondito (anche se, lo riconosco, non è esattamente un passatempo user-friendly).
Eppure, la discussione intorno ad IFC è verosimilmente destinata a farsi sempre più accesa nel nostro contesto, considerati i recenti avvenimenti legislativi che, obbligando l’introduzione del BIM negli appalti pubblici, obbligano le S.A. ad avvalersi di “piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari”.
I riscontri che gli operatori del settore delle costruzioni forniscono sull’utilizzo di IFC scaturiscono dall’attività quotidiana di consultazione/importazione/esportazione di modelli in formato .ifc. L’intenzione di questo articolo non è entrare nel merito delle critiche che vengono spesso mosse verso questo standard (peraltro da tempo standard internazionale, UNI EN ISO 16739), ma proporre una riflessione sul punto di partenza da cui formulare ogni genere di osservazione.
Considerando IFC dal solo punto di vista del formato di scambio dei dati, dobbiamo sempre considerare che noi, di fatto, “consumiamo” modelli IFC per mezzo di strumenti software. Muovendo da questo assunto, è facile capire come ciò che scriviamo e leggiamo dipenda strettamente, oltre che dalle possibilità dell’infrastruttura informativa dello standard, dalle capacità di scrittura e lettura del formato IFC del software che stiamo utilizzando.
“Ma il mio software è certificato IFC!”: è questa (comprensibilmente) la più facile ed immediata risposta a quanto appena affermato. Tuttavia, sebbene non creda di disilludere nessuno dicendo che la sola certificazione IFC di due software non garantisce un’interoperabilità totale e liscia fra questi, vale la pena approfondire meglio la questione.
A questo link: https://www.buildingsmart.org/compliance/certified-software/
buildingSMART International (bSI), padre e garante di IFC e dell’interoperabilità, riporta la lista degli applicativi software attualmente certificati IFC. Il primo software certificato IFC risale addirittura all’aprile del 2013; l’ultimo, al momento, al febbraio del 2018.
Ma in cosa consiste la certificazione IFC?
Innanzitutto, la certificazione viene rilasciata con riferimento a:
– una specifica release dello standard IFC (IFC2x2, IFC2x3, IFC4, …);
– una specifica Model View Definition (MVD) approvata da bSI; semplificando, si tratta di un filtro dell’intera infrastruttura informativa IFC che è funzionale ad un certo tipo di obiettivo. Il celebre COBie è, ad esempio, una MVD.
Inoltre, ogni applicativo viene certificato rispetto ad una sua specifica versione e separatamente rispetto alla sua capacità di importare o esportare dati IFC (non sono invece previsti test di data roundtrip, ovvero di esportazione e successiva importazione in uno stesso software).
L’immagine rappresenta un esempio del logo rilasciato da bSI in seguito alla certificazione del software.
Il logo rappresentata comunica la release di IFC (IFC2x3), la MVD di riferimento (Coordination View 2.0), il fatto che il software è certificato rispetto all’importazione di IFC (simbolo in basso a sinistra) e all’esportazione delle informazioni afferenti alla disciplina architettonica (simbolo in basso a sinsitra). La certificazione rispetto all’esportazione viene infatti rilasciata con riferimento alle tre macro-discipline architettonica, strutturale e MEP.
Le procedure di certificazione, ad oggi, seguono il workflow definito dal programma IFC Certification 2.0 (2010), uno schema migliorato del precedente IFC 2x Certification. Rispetto al precedente programma, che prevedeva più che altro un “ability check” sulle capacità del software di implementare lo standard IFC rispetto a procedure delineate, i risultati dei test regolati da bSI e condotti dagli stessi produttori del software vengono sottoposti ad un controllo di qualità.
A puro titolo informativo, la procedura IFC Certification 2.0 avviene all’interno di una piattaforma web, il Global Testing and Documentation Server (GTDS), ed è condotta congiuntamente dall’Implementer Support Group (ISG) e dal Model Support Group (MSG) di bSI.
Va sottolineato che, al momento, le certificazioni sono state rilasciate solo con riferimento alla release IFC2x3 ed alla Coordination View. Nel giugno del 2017 è stata lanciata da bSI la nuova piattaforma (b-Cert) per la certificazione rispetto alla release IFC4 e alla Reference View, ma ancora non si registrano avvenute certificazioni.
Dentro al documento di certificazione
Per ciascun software certificato, aprendo il relativo PDF al link che prima vi segnalavo, è possibile visualizzare i risultati dei test condotti su di esso.
Il documento è suddiviso in tre sezioni:
Introduction: il produttore fornisce informazioni e riferimenti utili sulla disponibilità, l’utilizzo e l’aggiornamento dell’interfaccia IFC del proprio prodotto.
Testlist: questa sezione sintetizza i risultati dei test effettuati, elencando i test effettuati (identificati dal nome del modello utilizzato), il numero dei Concepts (semplificando, i parametri informativi) analizzati per ciascun test, ed esprimendo il numero di concepts supported, restricted o not supported.
Concepts: per ciascun test vengono specificati i diversi Concepts considerati (elencati con riferimento ad una specifica classe IFC, tipo IfcWall, IfcBeam, IfcColumn, ecc.) ed il relativo risultato. Nella colonna Company Statement, per i soli Concepts dall’esito restricted o not supported, il produttore ha la possibilità di motivare il risultato ottenuto.
Non giudichiamo il libro dalla copertina
Ad un’occhiata generale si noterà che molti dei software certificati presentano delle inefficienze nell’elaborazione, in entrata o in uscita, dei file IFC. Questo sta a significare, come già in parte anticipato, che la certificazione non va intesa come capacità del software di scrivere e leggere informazioni in formato IFC in senso assoluto, ma più che altro come abilità nel maneggiare, a livelli qualitativi diversi, dati in tale formato.
Questa consapevolezza ci consente di guardare alla questione dell’interoperabilità fra i software da un punto di vista differente, prima di additare IFC come unico responsabile dei nostri mal di testa:
– se si sta già utilizzando un “software BIM”, lo si analizzerà per capire che possibilità esso offre rispetto all’interazione con il formato IFC (per cosa è certificato? quali sono le impostazioni di base? esistono dei plug-in aggiuntivi?)
– se si è in procinto di dotarsi di un “software BIM”, potrebbe essere utile considerare anche la sua compatibilità con lo standard IFC fra le molteplici variabili da considerare.
Detto questo, rimane il fatto che IFC è, oltre che un formato di dati, un patrimonio culturale collettivo che dovendo in qualche mondo mappare tutto il settore delle costruzioni – forse fra tutti il più caotico ed eterogeneo – inevitabilmente presenta delle lacune che nel tempo dovremo contribuire a colmare.
Anche di questi temi hanno recentemente parlato l’ing. Paolo Borin e e il PhD. Ing. Carlo Zanchetta dell’Università degli Studi di Padova nel corso dell’incontro “H-BIM: interazioni e modellazione per il patrimonio storico” del 21 marzo scorso, organizzato da Assorestauro nell’ambito del Salone internazionale del restauro dei musei e delle imprese culturali presso Ferrara Fiere. In particolare, Carlo Zanchetta ha individuato nel restauro e nell’ingegneria sismica gli ambiti disciplinari in cui buildingSMART International si aspetta un ruolo attivo dell’Italia all’interno della discussione internazionale per lo sviluppo di IFC. In questo senso, il Dipartimento ICEA dell’Università di Padova sta già portando avanti delle interessanti considerazioni presentate nel corso dell’evento.
Resta quindi a noi, alle nostre Università, alle nostre associazioni di categoria, il compito di proporre l’IFC di cui abbiamo bisogno. Almeno su questi temi, la partita è ancora aperta e siamo chiamati a giocarla.
Riferimenti utili:
- Certificazioni bSI, in corso e in programma.
- IFC certification 2.0, link per approfondimento.
- Alcuni contributi sul tema del prof. Rasso Steinmann, direttore dell’Institute of Applied Building Informatics (IABI – http://iabi.eu/) e membro del capitolo tedesco di bSI:
2014, 2015, 2016